Le posate che si mangiano, l’idea di una start-up

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Posate commestibili per fronteggiare il problema dell’inquinamento da plastica.

posate-commestibiliL’idea è venuta a Narayana Peesapaty, un ricercatore indiano dell’ICRISAT (Istituto internazionale di ricerca sulle colture per i tropici semi-aridi). In India, infatti, finiscono nella spazzatura ogni anno 120 miliardi di posate di plastica, con un impatto devastante sull’ambiente.

L’ideatore ha fondato nel 2010 la start-up Bakeys, finalizzata alla produzione di eco-cucchiai fatti con una miscela di farina di sorgo, di grano e di riso e poi asciugate al forno. Il primo, in particolare, è un tipo di cereale che cresce ovunque ed è particolarmente resistente all’azione dei liquidi. Al composto – che è rigorosamente vegan e presto potrebbe essere anche gluten free – si possono aggiungere varie tipologie di spezie, che conferiscono – a seconda dei casi – un gusto dolce o piccante.

Ma i vantaggi non finiscono qui: oltre a essere commestibili, le bio-posate Bakeys hanno costi energetici di produzione inferiori a quelli delle posate in plastica e in bioplastica realizzate con il mais. Basti pensare che con l’energia necessaria per realizzare 100 cucchiai di Bakeys, praticamente una confezione, vengono prodotte una sola posata in plastica e 50 in bioplastica a base di mais. Limitato anche il consumo di acqua (meno del 2% del peso per posata).

Narayana Peesapaty ha lanciato una campagna online di finanziamento su Kickstarter, che ha avuto un riscontro ben superiore alle aspettative, con 300mila dollari raccolti in soli due mesi. Grazie ai finanziamenti, solo in India sono stati venduti circa 1,5 milioni di cucchiai commestibili, e i numeri potrebbero presto lievitare, allargandosi al mercato straniero.

Le speciali posate si possono mangiare ma anche buttar via, senza conseguenze per l’ambiente. A differenza di quelle tradizionali, in cui il recupero della plastica non è sempre possibile al 100%, sono infatti biodegradabili in circa dieci giorni e conservabili in casa, con il dovuto imballaggio, per circa 36 mesi. Una nuova frontiera del mangiare sano e sostenibile?!

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